Chi mi conosce lo sa, lo vado ripetendo da un po’ di tempo.
Non partecipo ai concorsi a base di LIKE,
chiunque sia ad organizzarli, perché sono una mortificazione della bravura personale dei partecipanti: non vince chi è più bravo – e lo meriterebbe, quindi – ma solo chi ha la faccia tosta di rompere gli zebedei ad amici e contatti vari con la richiesta di voto.
In certi momenti, poi, non se ne può davvero più: è un susseguirsi a raffica persino da parte di perfetti sconosciuti che, come se niente fosse, ti arrivano in mail privata per invitarti a cliccare sul like alla loro foto – o ricetta o qualunque altra cosa – in concorso.
Senza cogliere la mortificazione di sè che compiono attraverso quella richiesta.
Solo questo conta, la faccia tosta.
E se non si possiede questa dote, meglio abbandonare ogni speranza: nei concorsi a base di like si può anche essere un genio nella materia oggetto del contendere ma non servirà a nulla.
Ci sarà sempre una foto sovraesposta, con la linea storta dell’orizzonte di chi non ha mai sentito parlare del bilanciamento del bianco che avrà più like di voi.
Idem per le ricette: avete cucinato il piatto dell’anno?
Bene, non potrete nulla contro le pennette alla vodka e salmone miracolosamente riemerse per l’occasione dall’oblio post anni ottanta cui erano state – giustamente – relegate.
Non cercate di capire le loro centinaia di like, non ci riuscireste. Ma fidatevi: cosi’ è e così sarà.
Anche se non vi pare.
Per non parlare poi del ritorno di immagine delle aziende che puntano su questo criterio per farsi followers a buon mercato.
Bene, ogni produttore un po’ lungimirante, secondo me, è in grado di capire che l’ondata di spam che inevitabilmente salta fuori da questi eventi alla fine ha più effetti negativi che positivi.
Un po’ come le patatine di Cracco a Cibus, insomma, che provocavano contrazioni di stomaco alla sola vista dei cartelloni diffusi a macchia d’olio per tutta l’area fiera.
Insomma, non se ne può più di questi meccanismi. E pare proprio che siamo in molti a pensarla allo stesso modo.
E’ stata sufficiente la sola provocazione su facebook per far sì che nel giro di poche ore saltassero fuori decine e decine di blogger che hanno voglia di dire basta.
Ci siamo confrontati e abbiamo coordinato la nostra protesta.
Oggi vengono postati centinaia di messaggi unificati e con lo stesso logo nella speranza che, insieme, riusciremo a convincere i produttori che esistono altre vie, molto più efficienti ma soprattutto meno mortificanti della caccia al like.