DolceRiso del Moro

DolceRiso del Moro

Sono io oggi l’ambasciatrice della Cucina di Corte del Calendario AIFB, dove potete leggere l’organizzazione e gli usi nelle cucine e nei banchetti nelle più grandi Corti d’Italia. Qui vi presento un dolce tipico della città di Vigevano dove ho vissuto fino ad un paio di mesi fa e a cui sono molto affezionata.

Il dolceriso del Moro è un dolce tipico di Vigevano, pensato e realizzato a fronte di ricerche fatte da Gabriella Maldifassi, artista, scrittrice e curatrice di diverse mostre.

Il contesto:

Nel 1447 Filippo Visconti duca di Milano, mori sena eredi e gli subentrò il genero Francesco Sforza I. Morto Francesco I divenne duca il figlio Galeazzo, assassinato dieci anni dopo. Erede fu Gian Galeazzo che era piccolo e reggente al trono, di conseguenza divenne lo zio Ludovico il Moro.

Nel 1492 Gian Galeazzo mori con un figlio di 1 anno. Ludovico il Moro prese il potere fino al al 1499. Sposò Beatrice d’Este sorella di Alfonso I duca di Ferrara. Molti banchetti furono organizzati a Vigevano, residenza di svago di Beatrice e Ludovico.

L’idea del dolce riso del Moro, dolce rinascimentale

Nel 1992, in occasione dei festeggiamenti dei 500 anni dalla scoperta dell’America e della costruzione della piazza ducale di Vigevano, la piazza venne ristrutturata. Gabriella Maldifassi, artista e curatrice di alcune mostre, che nel periodo vennero organizzate, pensando al rinfresco di uno di questi eventi, decise che doveva essere qualcosa di particolare legato al periodo storico di cui si stava parlando.

Pertanto, l’idea di questo dolce, presentato nel 1993, è stata elaborata entrando nei panni di Beatrice la moglie di Ludovico il Moro. Vigevano faceva parte dei possedimenti di Ludovico il Moro, il castello dedicato a svaghi, vacanze, caccia data la vicinanza con i boschi del Ticino.

Documenti non ce ne sono ma sappiamo che nel 1491 Beatrice era spesso qui in questa corte, ipotizziamo che abbia dato incarico ai cuochi del castello di elaborare qualcosa di speciale in occasione di una delle numerose feste che si tenevano a corte.
In linea con la tradizione dei ricettari del periodo è nato questo dolce, con ingredienti particolari.

Il riso costava moltissimo, veniva venduto dagli speziali insieme allo zucchero, non se ne conosceva la pianta e quindi poca coltivazione. Dei documenti attestano che una di queste però, veniva fatta nella tenuta Villanova, vicino a Cassolnovo. Nel 1475, in una lettera il Duca, mandava a Ferrara 12 sacchi di riso.

Il riso prodotto a Villanova veniva utilizzato nel ducato e nella corte.
Beatrice conosceva il riso perchè era stata ospite alla corte Aragonese dagli zii. Il riso è stato coltivato prima in Spagna che in Italia.

Usare il riso in una preparazione dolce era in linea con i ricettari del periodo, usato cotto nel latte, con le mandorle e lo zucchero. In questa ricetta oltre alla cottura nel latte viene profumato con l‘acqua di rose per impreziosire il dolce, insieme alle mandorle e dare un sentore di esotico
Il riso viene racchiuso in una crosta, definita pastello o pasticcio, allora cotta sul fuoco, nel testo, oggi ne forno.

Lo stampo usato è particolare, rispecchia la necessità di fare propaganda al proprio casato. Le imprese araldiche servivano a far comprendere e mostrare quale era la politica del duca. Come se fosse una sorta di “pubblicità” attraverso le immagini, visto l’analfabetismo diffuso dell’epoca.

Tra le imprese araldiche care a Ludovico il Moro c’era lo “Scovino”. Si trova ancora oggi, nei tondi della piazza ducale, al Colombarone della Sforzesca, attestato in libri e quadri con Ludovico per esempio, vestito in abiti di velluto su cui è ricamata questa impresa araldica.

All’interno dell’impasto c’è un’altra preziosità: i canditi. I cedri arrivavano da Genova, attraverso gli Appennini perché i confettieri genovesi erano i più rinomati.

Sarebbe stato bello poter usare i frutti canditi “colorati” perché un modo che avevano i nobili di dimostrare alle persone che sedevano nel loro banchetto, mostrare la propria opulenza, era quella di usare le pietre preziose nelle ricette, come le perle nel riso.

Ma il dubbio sull’uso dei coloranti artificiali nei canditi ha fatto propendere per l’uso nella torta, solo del cedro candito polverizzato.

Nasce coì questa ricetta che dal 1993, quando è stata presentata al pubblico, è un vanto per la città di Vigevano e riscuote notevole successo.

Oggi, e domani, inoltre è la festa di Vigevano e come ogni anno si tiene il Palio , ed è un buon modo per essere catapultati nel periodo rinascimentale e mangiare il dolce con Beatrice e Ludovico.

Pur conoscendo gli ingredienti usati nella torta, la ricetta è gelosamente conservata dall’unica pasticceria, Pasticceria Dante, che a Vigevano la produce, per cui le quantità degli ingredienti sono puramente una ipotesi.

Ingredienti

Pasta frolla
Farina 400 g
Burro 200 g
Zucchero 180 g
Tuorli 2
Vaniglia

Ripieno
Riso 250 g
Latte 1 litro
Vaniglia mezza bacca
Cannella
Buccia di limone
Farina di mandorle 100 g
Cedro candidato in polvere
Zucchero 150 g
Sale
Acqua di rose 2/3 gocce

Portare ad ebollizione il latte con i semi della bacca di vaniglia e la scorza di mezzo limone.
Versare il riso e cuocerlo per 30 minuti aggiungendo, a metà cottura, zucchero, un briciolo di sale, il burro e un cucchiaino raso di cannella.
Intanto fare la pasta frolla montando lo zucchero, le uova, il burro morbido e il pizzico di sale. Unire tutto alla farina. Impastare velocemente e mettere l’impasto in frigorifero per il riposo, per 30 minuti.

Quando il riso è giunto a cottura, dovrà risultare ancora al dente ma molto cremoso e abbastanza liquido, levare la buccia del limone e unire la farina di mandorle, il cedro candito. Unire al riso l’acqua di rose.

Foderare una teglia di 24 cm con la pasta frolla, mantenendo un bordo di circa 5 cm, e versarci il composto; chiudere la torta con un altro disco di pasta frolla e infornare a 180° per circa 50 minuti o comunque fino a quando non avrà acquisito un bel color biscotto non eccessivamente bruciato.

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